martedì 31 agosto 2010

Cosa vuol dire essere madre di un maschio

stranamente non ne ho sentito parlare tra le mamme blogger. o forse ne avete parlato e me lo sono perso.

quando ho saputo di essere incinta, non avevo nessuna preferenza particolare circa il sesso del nascituro. a furia di sentirlo chiamare "il feto, il bambino", me lo immaginavo maschio. poi arriva una vecchia amica un po' strampalata di mia madre che alla 10a settimana mi vede e mi fa "sarà femmina", e io ci credo, e per un po' mi trastullo con l'idea.
alla morfologica si rivela un maschietto. non ci sono dubbi, un maschietto.

partono le tutine celesti. la decisione del nome.

giorno dopo giorno acquisisco la consapevolezza di cosa significasse che quell'esserino dentro di me era maschio e non femmina. cioè, non è solo questione di non potersi sbizzarrire con l'abbigliamento e con i codini, nè che "i maschi si attaccano tanto alla mamma".

essere madre di un maschio vuol dire costruire un rapporto con qualcuno di sesso opposto, scusate l'ovvietà. vuol dire innamorarsi. vuol dire pensare a quando avrà la fidanzata, e dire per scherzo che la sua fidanzata sarà la sua mamma finchè non compirà quarant'anni. vuol dire NON identificarsi con lui, ma osservarlo un po' come da lontano, consapevoli della distanza tra due sessi diversi, tra due percorsi di vita che saranno differenti per esperienze, priorità, compagnie, giochi e preferenze.

la tenerezza del rapporto cede talvolta il posto ad uno struggimento vero, perchè quello che teniamo tra le braccia è un piccolo uomo.

essere madre di un maschio vuol dire pensare a quando sarà grande, così grande da sovrastarci in altezza e peso, da baciarci sulla testa quando ci abbraccerà, a quando ci chiamerà "mamma" con la voce profonda come suo papà, e noi guardandolo ci stupiremo del suo torace ampio, della sua barba e dei suoi occhi come i nostri.
ci accompagnerà in macchina da qualche parte e noi ci terremo alla maniglia sopra il finestrino e gli diremo "vai piano".
essere madre di un maschio vuol dire che quando si sposerà sarà come perderlo un po'. vuol dire che dovremo lavorare tanto su noi stesse.

qualche settimana fa ho tenuto in braccio la figlia di un'amica, coetanea di mio figlio. la sensazione è stata scioccante, come se non avessi tenuto in braccio un neonato per sei mesi fino a un minuto prima. una cosa nuovissima, una tenerezza sconvolgente, per quel corpicino piccolo, per la fortissima, lancinante consapevolezza che c'era una donna lì dentro, pronta a vivere la sua vita, una vita che avrà molto in comune, probabilmente, con la mia come con quella di sua madre. io guardo mio figlio e so che molto, moltissimo di quello che farà e amerà io non lo riconoscerò, lo vivrò per la prima volta insieme a lui: lo sport, i mostri, le botte con gli amici, le parolacce.

mio figlio mi assomiglia in modo pazzesco, è la mia fotocopia. mi fa ridere pensare a quando crescerà e sarà un po' come vedere me stessa al maschile.

ho pensato a come sarei con una figlia femmina, e so che sarei diversa. forse mi succederà, chissà...

lunedì 30 agosto 2010

Incidenti e...scamparla per un pelo

ieri mi è caduto dal letto, sgusciando via con uno swisssh e battendo a terra per ultima, fortunatamente, la testa. un piantone ma poi niente più e niente bernoccolo. per me, invece, capelli bianchi e sensi di colpa (ero lì davanti, possibile?)

stamattina la ddp mi chiama mentre in cucina preparo il brodo vegetale e mi fa, candida, "vieni a vedere se pupone ha qualcosa in bocca?". non ha finito di parlare che sono in camera da letto dove pupone gattona sul letto e mettendogli un dito in bocca mi accorgo con orrore che c'è un dischetto di spugna, il filtro di ricambio dell'aspiratore nasale.
come ha fatto a finirgli in bocca? com'è finito sul letto??

inutile dire che ora navigo in acque inquiete, col terrore che i guai si ripropongano con conseguenze peggiori.

mi domando se con i neonati sia normale vivere sul filo del rasoio. mi domando, anzi lo so, che più lui crescerà più difficile sarà stargli dietro.

mi devo SVEGLIARE

ma sul serio


Ps: per fortuna su sky danno la doppia ora. c'è filippo timi!

venerdì 27 agosto 2010

Sei mesi - l'appartenenza

Di certo non mi appartieni, piccolo mio. di certo sei tuo e di nessun altro, e sono io ad essere tua, perchè così mi sento e non per una regola dettata da chissà chi. di certo sono TUA MADRE e lo sarò per sempre. di certo, infine, è nostro l'amore che ci unisce indissolubilmente.

abbiamo iniziato lo svezzamento, e ho capito che non saremo per sempre inseparabili. che non ti basterà più, un giorno, la mia compagnia, come oggi non ti basta più il mio seno e tendi le manine al pane, al gelato e al porchetto arrosto. che avrai voglia e bisogno di altro, di altri, e vorrai andare lontano, vorrai andare per la tua strada.
era un onore e un privilegio allattarti ogni tre ore, sapere che non potevi farne a meno. con lo svezzamento, che hai accolto con l'entusiasmo tuo solito, inizia il distacco, anche se ancora viviamo in simbiosi. ma non sei più il fagotto caldo che mi portavano in stanza le ostetriche, in ospedale.

ti guardo diventare forte e caparbio, volitivo e gioioso, e non mi prendo nessun merito particolare perchè sento che sto solo assecondando la tua crescita.

vorrei starti accanto sempre, vorrei essere capace di amarti senza soffocarti e senza tenerti lontano dagli altri. vorrei essere (o diventare?) una madre degna, e guardarti crescere comprendendo che già ora sei, in nuce, l'uomo che diventerai.

piccolo mio, oggi compi sei mesi e mi osservi accigliato con una maschera di minestrina spalmata su metà viso, brandendo il cucchiaino con orgoglio.
appesi all'anta dell'armadio ci sono il vestito di mamma, l'abito di papà e il tuo completino per il matrimonio di domani. e questa per me è l'immagine che parla di noi oggi: siamo una famiglia, e tu ne fai parte a tutti gli effetti,
sei un piccolo uomo.

ti amo

mercoledì 25 agosto 2010

Coru meu, fonte 'ia gradessida...

In sos muntonarzos sos disamparados
chirchende ricattu, chirchende
in mezu a sa zente in mesu
a s'istrada dimandende
sa vida s'ischidat pranghende
bois fizus e' niunu
in sos annos irmenticados
tue n'dhas sole chimbantunu
ma parent chent'annos...

Coru meu fonte' ia gradessida
gai purudeu potho ber' sa vida...


Non ricordo che anno fosse, ma i Tazenda cantavano, con un Pierangelo Bertoli che non ho mai più dimenticato, una canzone che da quel momento mi ha sempre risuonato in testa, ogni volta che sono tornata a casa, ogni volta che me ne sono allontanata, ogni volta che mi sono sentita sola. una canzone che a sanremo ha straperso, e che parla di una sera di luna in un paesaggio sardo dimenticato dal mondo, con i "disamparados", i bimbi poveri per strada, con volti di pietra e strade di fango, in un cercarsi di mani, in un rincorrere un sogno mancato... alla voce profonda e poetica di Bertoli si contrapponeva quella pulita e così sarda di Andrea Parodi, purtroppo scomparso da poco, in un alternarsi di italiano e dialetto logudorese, ma dovrei dire lingua sarda, che a me ha fatto venire tali brividi nell'ascoltarle che ancora mi emoziono ogni volta.

riascolto questa canzone, la canto a mio figlio e qualche lacrima scende inevitabilmente, perchè nessuno come un sardo sa cosa significhi andare a vivere lontano, e poi tornare per qualche giorno, e sentir lottare dentro di sè il sollievo di essersi salvati da quelle "sponde sicure" e la nostalgia, tagliente, per quel mare per quelle facce per quella natura brulla e profumata.

mi manca quella spiaggia immensa sulla quale ho parcheggiato la macchina, ho fatto festa, ho baciato molti ragazzi e preso innumerevoli caffè e aperitivi, con davanti agli occhi sempre la stessa sella sulla montagna, confrontandomi con sempre le stesse facce con cui ci conoscevamo da una vita, sentendomi perfettamente a mio agio in un posto che mi apparteneva del tutto e che mi domando se mi appartiene ancora.
mi resta l'amore per la mia terra, se non altro. l'ho lasciata per amore e per disperazione, per una città che mi ha inghiottita in una spirale di velocità persone momenti e asfalto, regalandomi una me stessa nuova e più rapida e sicura, ma di certo meno poetica, meno riflessiva, meno paziente.

da quando me ne sono andata ho smesso di suonare il piano, di scrivere poesie, di sentirmi unica al mondo, ho però intrapreso tante altre cose che mi hanno fatta crescere, e non da ultimo ho coltivato il rapporto e la convivenza col mio compagno.
sono consapevole che solo l'andarmene mi abbia reso evidente cosa significasse vivere là, perchè per venticinque anni l'ho dato per scontato, negandogli qualsiasi valore che non fosse il mare, mentre era un continuo sentirmi accolta, una sensazione di appartenenza a quei luoghi selvaggi, ai paesini più miseri, all'ultimo angolo di pietra dell'ultima stradina sporca, alla lingua incomprensibile parlata tra le vie del castello di cagliari, a tutte e dico tutte le persone che incontravo, tutte accomunate dall'essere chiuse sull'isola, tutte diffidenti e insicure nei confronti dello straniero.

mi manca casa mia col suo odore di pietra o forse mi mancano di più mio padre e mia sorella, o forse ancora mi manca la nostra vita quando c'era ancora mia madre e nessuno mi avrebbe mai convinta che un giorno me ne sarei andata.
ancora non so se ho fatto bene. ma poi che vuol dire? è stata una scelta, fatta a venticinque anni, che in quel momento si imponeva con forza e che ho preso come prendo tutte le mie scelte, con un taglio netto ai dubbi, ma che a posteriori mi ha resa orgogliosa, perchè sarebbe stato più facile restare, e me ne rendo conto solo ora.

"spunta la luna dal monte". non c'è nessun posto al mondo in cui la luna si affacci dai monti come nella mia amata terra

martedì 24 agosto 2010

Vacanze col pupone - Atto II

Tornati dalle "vacanze", e le virgolette non basteranno mai.
prima cosa: mi sono riposata? no.
il nano ha subito una forte regressione in materia di sonno, svegliandosi ogni notte quelle quattro, cinque volte. però si è divertito, ha fatto tantissimi progressi in tutti gli altri campi (ora quasi gattona, mangia la frutta e abbiamo avviato anche con la minestrina, beve l'acqua e assaggiucchia quello che ci sentiamo di proporgli...è infinitamente più vispo, ha iniziato a lallare ed è molto più veloce e preciso nei movimenti)... e ha conosciuto meglio la sua famiglia d'oltretirreno.

un tuffo in un sogno ad occhi aperti è stato per me tornare a casa mia con mio figlio. vedere gli amici, le amiche, i parenti, fare con lui tutto quello che facevo prima (tranne dormire). osservando gli altri interagire con mio figlio ho pensato che molte persone su cui non avrei scommesso mezza lira si sono rivelate degnissime e tenere (vedi l'amica in carriera che, nel vederlo, ha avuto le lacrime agli occhi), mentre altre su cui facevo affidamento mi hanno un po' delusa (vedi la sorella che era sempre altrove col nuovo fidanzato, e che non ha avuto voglia di fare una piccola corsa fino all'aeroporto quando si è accorta, poco dopo che noi e il nonno eravamo usciti per andare all'aeroporto, che il pupazzo preferito del nipotino era rimasto a casa)...

mi sono scontrata con la frustrazione, talvolta, perchè non mi sentivo pimpante come avrei voluto, o perchè sbadigliavo nel bel mezzo di una cena (o di tutte le cene?), o perchè al mare non riuscivo a prendere due minuti di sole in santa pace, e infatti sono più grigiognola di prima.
e nemmeno è stato facile stare in mezzo alle amiche superabbronzate e in tenuta d'acchiappo, mentre io, abituata a svettare su tacchi dodici coi capelli lunghissimi e lucidi e il kajal intorno agli occhi, strisciavo nei miei sandali rasoterra con delle occhiaie tante e pure mezza ingobbita.
così ho meditato sul fatto che il mio rapporto con la bellezza è cambiato, che non mi sento più com'ero prima, ma che questo non significa doversi lasciar andare per forza. sono piena di buoni, ottimi propositi per me stessa.

diciamocelo, avevo investito tanto su queste vacanze. alla fine, se devo dare un voto, darei un dieci per come è stato il pupone, e un sei risicato per come sono stata io. però ho avuto tempo e modo di pensare a come affrontare l'autunno, un passo alla volta.
vorrei avere più tempo per parlare delle decine di cose importanti che ho in mente, ma per oggi questo è tutto quello che riesco a scrivere.
vado a fare un giro tra i blog amici.

mercoledì 4 agosto 2010

Di cacca, macchiette rosa, snobismo letterario, cucci-pucci

oggi pensieri sparsi.

#1 pupone non mi fa una cacca degna di questo nome da...vediamo...oggi sarebbe il quinto giorno. da ieri mi sto abboffando di prugne secche, che finora avevano funzionato, nel senso che poi lui "andava". invece ancora non "va" (io sì, invece, e in modo imbarazzante).
non so perchè questa faccenda della sua cacca mi angosci oltre ogni misura.
clisterino? non vorrei, ma se si rendesse necessario... altri consigli, che non siano il gambo di prezzemolo?

#2 ogni tanto mi è capitato di trovare una macchietta rosa nella parte alta del pannolino. una piccola macchietta chiara che a grattarla andava quasi via. dopo il panico iniziale (è sangueeeeee! andiamo al pronto soccorsooooo!) e dopo una telefonata non troppo delucidativa col pediatra, mi leggo l'impossibile su Internet e scopro che sono i sali minerali che, quando sono particolarmente concentrati nella pipì (come quando fa tanto caldo e il bimbo suda molto) fanno reazione col pannolino.

#3 qualche giorno fa bighellonavo in una libreria. dopo aver spulciato gli scaffali alla ricerca dell'ultimo Murakami ed essermi arraffata Chiedi scusa! Chiedi scusa! di E. Kelly, faccio una capatina nella zona puericultura, dove con sorpresa (perchè puericultura?) trovo il libro di una popolare mammablogger.
lo apro ad una pagina a caso e richiudo subito.
era troppo persino per un' eterna ragazzina come me.

#4 e poi l'amore, l'amore, l'amore. fagottino chiaro dai capelli profumati, sorrisi e gambette e piedini cicciotti. col colletto della polo alzato dietro. col pannolino bianco. ti amo perdutamente e in un modo non misurabile.
ieri ad un amico francese che mi ha scritto per farmi gli auguri e chiedendomi di te ho risposto che sei mon petit fiancé.
non importa se mi catalogheranno come mamma cucci-pucci. io ti amo, e sarebbe atroce se così non fosse, se riuscissi a tenermelo dentro, se mettessi davanti a te una serata in discoteca, un flirt estivo, una ben fatta manicure.
l'altroieri eri prono e sei riuscito a metterti carponi, per qualche lungo secondo di stupore mio e del Papà. poi sei crollato e hai pianto per la frustrazione.
coraggio, piccolo mio! che vuoi che sia: un giorno correrai!

martedì 3 agosto 2010

Oggi è il mio compleanno...

...e non me ne potrebbe importare di meno. come ogni anno, ma quest'anno ancora meno. quanti sono? potrebbero essere ventinove come trentatre e non farebbe differenza.
sono trentuno.

ho portato il pupone a fare i richiami dei vaccini, ed è stato bravissimo. stavolta, per comodità l'ho portato in un altro ambulatorio, dove gli hanno fatto due punture invece che tre tutte insieme, la terza si può rimandare a settembre. dicono che farne tre in una volta su coscette così corte è un'inutile tortura. a saperlo prima.

per festeggiarmi e non far passare troppo inosservato questo giorno, tornando a casa ho allungato attraversando la campagna, con alla radio l'ultimo successo di ligabue, che a quanto pare se vuoi imitarlo basta che canti a denti stretti.
poi una volta a casa ci siamo svestiti, e ora siamo sul lettone con l'arietta che entra dalla porta che dà sul terrazzo, lui con la sua amata palestrina e io col pc.
poi pranzerò, come al solito, da sola. poi passeggiatina, poi torna il Papà, tutto come sempre.

voilà.

ecco un compleanno in sordina. ma il regalo più bello l'ho già ricevuto, in notevole anticipo.

lunedì 2 agosto 2010

Vacanze col pupone - Atto I

Tornati ieri sera.
due settimane intense anche se apparentemente oziose. non è stato facilissimo star dietro ai progressi del piccolo, tenendo contemporaneamente a bada i nonni paterni. praticamente è stato un periodo di lotta psicologica, e non solo. ma sono stata coccolata, viziata, rifocillata e portata al mare, ed è vero che i nonni stravedono per il nipotino e che è bellissimo vederli affacendarsi per lui.

il pupone è stato al mare, ha preso il sole e fatto i bagni con noi, ha visto la sua bisnonna e pisolato all'ombra in giardino, accarezzato da brezze delicate e cullato da mille cicale.
mi sembra cresciutissimo, anche se la bilancia dei nonni non segnalava aumenti di peso (si può pesare un neonato mettendosi su una comune bilancia digitale con e senza lui in braccio e calcolando la differenza?!). mi sembra allungato, e soprattutto è molto ma molto più vispo, più attento, più curioso e più forte e preciso nei movimenti. in questo momento si sta rotolando sotto la palestrina, che mai è stata più "palestra" di oggi.

il Papà è già tornato al lavoro, lasciando la sottoscritta a casa con un pupone nel pieno delle sue energie mattutine. sto organizzando la partenza per casa mia, ora tocca alla mia famiglia godersi il nano. Roma è meno afosa di come l'avevo lasciata, ma è pur sempre Roma, quindi asfalto, quindi niente mare, quindi comunque caldo.
e poi ho voglia di stare un po' coi miei, e di vedere gli amici. il Papà non sappiamo ancora se ci raggiungerà, ma lui quando si tratta di venire a casa mia è sempre assai misterioso sulle sue intenzioni...

sto faticando un po' a raccapezzarmi, dopo due settimane di mare e circondata da parenti volenterosi. speriamo bene...