lunedì 29 novembre 2010

Di capoparto e, soprattutto, di un secondo figlio

Oggi le cose quadrano. non so perchè ma è così. il nano si è svegliato di buonumore. ha dormito durante la passeggiata e al supermercato. ha mangiato tutto quello che gli ho proposto, anche di più. l'ho lasciato a giocare da solo mentre io andavo in cucina a prepararmi il pranzo. dopo la pappa e un po' di gioco si è addormentato da solo, e resiste.

mi sa che è venuto a farmi visita il capoparto (mi sa).
io, che credevo che avrei piagnucolato all'idea del periodo che si chiudeva, del mio corpo che si riappropriava di se stesso etc etc etc, invece ho tirato fuori con nonchalance dal cassetto l'armamentario e sono contenta. cioè, va bene. sono di nuovo fertile, di nuovo la donna che ero 18 mesi fa. tutto può essere. sono solo preoccupata che il latte possa scomparire di botto, perchè non so se pupone e io siamo pronti.
vedremo.

poi, galvanizzata da un post di silvietta (a proposito, ancora AUGURI!), mi sono messa a pensare ai secondogeniti.
al mio, al nostro secondogenito futuro. e a tutti quelli dopo.
accarezzo l'idea. ma non so quando sarà. forse l'anno prossimo, forse tra due anni, non si può dire, ora.
è che mi sento già pronta, emotivamente. per quanto io sia totalmente di proprietà del pupone, anema e core, mi rendo conto che c'è spazio. c'è terreno e amore per un secondo figlio.
ovviamente i benpensanti inorridirebbero a sentirmi parlare così, direbbero "ma il lavoro", "ma il tempo per te", "ma la casa" e via cianciando, e non dubito che secondo la morale e il buon senso comuni (a proposito, da quanto sento parlare a vanvera di buon senso e morale comuni? non sarà che la gente si riempie troppo la bocca di parole importanti ma un po' vuote? tipo la vicina di casa che prima si lamenta perchè dalle lenzuola di quello di sopra stese a prendere aria cascano "cose" sul suo terrazzo e poi lascia la spazzatura sul pianerottolo per ore intere) solo una pazza sconsiderata nonchè madre degenere può parlare così, MA da quando sono madre la penso diversamente su tante cose.

e ora penso, detto tra noi mamme un po' folli, che i figli non sono fatti per essere programmati. che sarebbe bello, bellissimo poter accogliere tutti quelli che arrivano, senza arrabattarsi troppo sul tempo, lo spazio, la convenienza. che le famiglie sono ricchezza. (attenzione: chi parla non è una cattolica praticante, e nemmeno una con una fede ferrea, purtroppo)
che basta avere amore e quel minimo necessario per mangiare, vestirsi, stare al mondo dignitosamente. e qui ovviamente il discorso che cominciava forse a filare perde il suo fascino e si inceppa, perchè diciamocelo, come si fa in queste città tremende che abitiamo noi umani a vivere dignitosamente con poco?
ma poi penso....forse i nostri figli ci rinfacceranno da adolescenti di averli messi al mondo senza prima esserci assicurati circa la possibilità di comperargli lo zaino di moda e le scarpe dell'ultimo giocatore di basket e la macchina nuova?
allora faccio un passo indietro: per mettere su una famiglia numerosa, se non si è dei nababbi, bisognerebbe prima essere sicuri di saper insegnare a tutti quelli che verranno l'importanza della vita e della famiglia e di avere dei fratelli su cui contare, e la futilità delle auto, dei motorini, dei vestiti, della casa di design. perchè se cresceremo dei figli materialisti poi li vedremo diventare insofferenti e insoddisfatti.
(parla una figlia di papà cresciuta nell'agio da due genitori che in ottima fede pensavano di dovermi lastricare d'oro la strada che percorrevo, prima che la percorressi. li ringrazio per tutto, ma ora so che è stato tutto superfluo. che ai bambini basta poco per essere felici, e che dai bambini davvero felici fioriscono adolescenti difficilmente infelici).

allora, per tornare a me e a tutto questo amore che sento scoppiare, dico che fino a qualche mese dopo il parto la sola idea di un'altra gravidanza era sufficiente a farmi venire le convulsioni. ora no, l'idea mi scalda il cuore. e credo che questo significhi che sarei pronta.
ed è vero che amo da morire mio figlio e che l'idea di dividere il mio tempo tra lui e un altro, o di metterlo da parte per star dietro a un neonato magari impegnativo, come lui tutto sommato non è stato, (perchè si dice che se ti è andata bene col primo...e viceversa) mi fa orrore, però è anche vero che proprio da questo amore IMMENSO che ho per lui nasce il desiderio di arricchire la sua vita di fratellini e/o sorelline. di una casa rumorosa, telefoni che squillano in continuazione e la sensazione, tenera e accogliente, che non resterà mai solo in vita sua.

naturalmente, per ora non se ne parla. sto solo accarezzando l'idea, e il Papà pure. volevo soltanto dire di questa idea forse bislacca che ho di lasciar venire i figli se li si vuole, di aprirsi all'eventualità, di accettare la sfida. senza fare conti sul calendario (e in banca), senza programmare nidi, asili, babysitter, lavoro, nonni, casa, camerette, abiti etc etc etc. lo so, sembra fantascienza ma non so mica se lo è.

così, semplicemente. uno sopra l'altro, in confusione.

per amore.

sabato 27 novembre 2010

Nove mesi

e siamo pari.
nove mesi dentro di me e nove fuori, a riempire la mia vita. ora non ho più scuse.

sei biondo e chiaro di pelle, e hai gli occhi più profondi e vispi che si possano immaginare.
gattoni, ti alzi, chiacchieri un sacco, sei curioso e fortissimo, divertente e simpatico. un po' frignone con bambini piccoli se questi gridano o ti danno fastidio, ma per il resto socievole e attento.
ci svegli al mattino con sbavini e baci sul naso, sederate e morsi.
ti piacciono le palle colorate col sonaglino dentro, ti piace shakerarle come un pazzo. ti piacciono le carte da gioco, le pantole di mamma, i telefoni e i telecomandi.

un anno fa avevo un pancione già bello imponente.
ricordo le visite dalla ginecologa e il freddo pungente quando uscivamo felici dal suo studio, i vestiti premaman e la lana morbida di quel maglione perfetto per la mia pancia, ricordo le congetture sul nome e i preparativi per Natale, ricordo l'attesa, ricordo i tuoi calcetti.
ricordo che guardavo le foto della morfologica e cercavo di immaginarti.

e ora sei qui.

mi domando se sei come immaginavo o speravo che fossi, ma sei di più, sei meglio, sei tutto.
sei mio e non-mio, nostro e non-nostro, sei una personcina fatta.
il mio amore ha mille forme e si può misurare in mille modi.
il mio amore sta crescendo con te, perchè deve bastarti per sempre , per proteggerti da qualunque malvagità o difficoltà, il mio amore di mamma che impara lentamente e con metodo la ricetta di ciò che ti fa stare meglio.

cresci bene piccolo mio.

non troppo in fretta, però.

domenica 21 novembre 2010

Madre Coraggio

ecco uno scenario da incubo.

metto a letto un Pupone fresco e tranquillo alle nove.
mi sveglia a mezzanotte e mezza un piantino sommesso, quasi dei deboli singhiozzi. mi alzo dal letto per prendere il piccolo, ma smette di piangere e lo lascio stare. dopo qualche minuto ricomincia, mi alzo di nuovo e nel buio della stanza mi abbasso verso il fondo del lettino per prenderlo.
sento qualcosa di caldo. di bollente. e io mi faccio di ghiaccio.
mio figlio giace inerte nel lettino e scotta.
urlo (ne sono sicura. in realtà ho rimosso molto di quei minuti interminabili, ma ne sono sicura).
lo tiro su e me lo stringo addosso, brucia.
gli tolgo il pigiamino e ribolle fino all'ultimo ditino del piede.
mi lancio alla ricerca di un termometro, butto giù scatole, apro cassetti alla rinfusa, nel frattempo lui è lì sul letto, rigido, e guarda un punto imprecisato del soffitto. il Papà è da qualche parte là intorno, gira e gira e non so che sta facendo e inizia a vestirsi perché io grido qualcosa come "pronto soccorso ti prego ti prego andiamo subito".
il termometro parte all'impazzata e si ferma a 39,9°.
gli faccio trangugiare alla cieca 10 gocce di tachipirina (saranno troppe? troppo poche? ma dove diavolo sta la ricetta del pediatra?)

vestirsi, copertina, garage, pronto soccorso.

dopo un'attesa che la metà sarebbe stata già troppo, arriva un pediatra con molta voglia di dare una lezione di medicina a due genitori esagitati. la febbre è un sintomo, una difesa dell'organismo e bla bla bla.
suppostina e bye bye.
la febbre scende, lui soffre, vomita a getto ma poi dormicchia.

il giorno dopo febbre a 38, 38,5° per tutto il giorno fino alle 19 quando, dopo la suppostina, ecco la ripresa. notte senza febbre, il giorno seguente cioè ieri lo trascorre vispo e canterino.
ieri notte sale di nuovo ma non supera i 38°, e oggi siamo sui 37,5°.
un po' di tossiciattola ma nient'altro.
e gli incisivi superiori in arrivo, pare.

non so se è un'influenza, se sono i denti, se devono spuntargli le macchioline di un esantema o che. però sta meglio, ha mangiato e per ora tanto basta.

la sottoscritta, dall'altroieri giustamente autoribattezzatasi Madre Coraggio, si è esibita in tutto il repertorio del genitore squilibrato: urla strazianti, occhio vitreo, atteggiamento isterico al pronto soccorso, misurazioni ripetute della febbre (con due termometri diversi, nb), concitata consultazione di forum e siti di pediatria su internet, pianti sommessi.
e poi ha somatizzato: colite, cervicale, mal di testa, inappetenza.

ok, ma era la prima febbre di mio figlio. non dimeticherò mai il suo visetto rosso come un pomodoro e gli occhi rivolti a guardare il vuoto mentre io gli parlavo e lui non mi guardava. e quelle gambette che bruciavano sotto il pigiamino. ho pensato, un esserino così piccolo non può sopportare questa febbre.

vorrei trarre un insegnamento da questa vicenda, ma la realtà è che non trovo alcunchè da imparare, se non l'autocontrollo che pure vorrei già possedere in dosi massicce.
cosa devo imparare? forse che la febbre non deve preoccupare?.
o che ai neonati succede?
oppure che se mio figlio sta male malissimo non mi devo precipitare a chiamare un medico ma devo osservare, capire, indagare per poi parlare col pediatra con un minimo di cognizione di causa?

bah.

l'unica cosa che per ora sto mettendo in pratica è l'arte della Paziente Attesa (a chi potrebbe obiettare che la mia attesa tutto sembra fuorché paziente, farei presente che le mie attese NON pazienti sono qualcosa di intollerabile per me e per chi mi sta intorno ;) ).
attendo che lui stia meglio, di vedere stasera se la temperatura gli sale di nuovo o no, e se sì attenderò domani per portarlo dal pediatra e sentire se dice o fa qualcosa di tangibile.
attendo che passi anche questo piccolo guaio, e di riprendermi pure io che sto uno schifo.

e attendiamo...

venerdì 12 novembre 2010

Un uomo elegante al semaforo

Stamattina camminavo per la mia città sotto un maestrale tagliente spingendo un passeggino urlante. ero spettinata dal vento e vagamente isterica.
ad un semaforo incontro un uomo elegante in completo grigio e cappotto sotto il braccio, che mi guarda sorpreso, "Ma sei tu! che ci fai qui?? ma hai un figlio, complimenti!".
il mio ex capo studio, o dominus come si dice, anche se suona sadomaso.
colui che nutriva tante e tali lusinghiere speranze in me, e nel fatto che lavorassi con lui anche dopo l'esame da avvocato.
poi ho cambiato città e niente. alla domanda "cosa stai facendo?", rispondo il solito, Roma, mamma.
non è verissimo.
rispondo ovviamente Roma, per dare subito un respiro metropolitano all'idea della vita che faccio, e poi aggiungo per ora la mamma poi devo vedere, fare, decidere.
bugiarda.

ora, per inciso, nello specifico ho pensato che il mio fare la mamma risultasse in quel momento meno bello del previsto, visto l'urlo belluino che proveniva dal passeggino sotto di noi.
solite frasi di circostanza, eh è nervoso, no non è colpa tua, sì è un bel bimbo grazie, oh certo sei di fretta vai pure sai anche io bla bla bla.
e poi son rimasta sola al semaforo perchè la ruota del passeggino si è incastrata e nel frattempo è scattato il rosso e niente, i clacson, le macchine, il cappotto svolazzante in lontananza, la testa brizzolata già sull'altro marciapiede verso chissà quali arrapanti questioni legali, e il vento che sibilava gelido. il bambino coi lacrimoni, e pure io. una voglia pazzesca di rintanarmi a casa mia e non uscirne più.

perchè?

ho mille spiegazioni, ma nessuna che sia razionale.
amo la mia condizione, ma a volte mi mancano certe situazioni in cui la mia vita di prima mi calava. o forse sono condizionata da quel retaggio culturale per cui essere mamma non è abbastanza, bisogna anche dimostrare qualcos'altro, soprattutto agli uomini in completo grigio che stimiamo tanto e che ci stimavano, e la cui mano che voleva condurci per il mondo professionale noi abbiamo lasciato per prendere altre strade.

mi sono trascinata a casa pensando, nel più classico dei clichès, che neppure la mamma so fare, se mio figlio piange disperato e non so perchè.
in cucina mi sono messa a preparargli la pappa avvolta da una solitudine devastante mentre lui, calmatosi, sul seggiolone ciucciava un panino.
mentre la pastina cuoceva mi sono seduta accanto a lui e ho guardato la testolina bionda del mio bambino, le sue guance rosse e i suoi occhioni scuri che indagavano i miei tra i singhiozzi, e ho pensato che a lui basta questo, avermi con sè, calma e rassicurante.
ho pensato che mi faccio un sacco di complessi, dando per scontate un sacco di cose, tra cui che tutto sarebbe andato in un certo modo, mentre invece chissà. e che, se pure fosse andato tutto in quel modo, non sarebbe di certo meglio che accarezzare queste guanciotte.
ho pensato che, per quanta tenerezza possa aver fatto al mio ex dominus in elegante completo grigio, ho un pozzo di ricchezza cui attingere, e che il lavoro verrà, quando sarò pronta, diverso da come l'ho immaginato finora e adatto alla nuova me, a noi.

ho pensato che è molto triste e molto ingiusto che sia così difficile per una mamma stare al mondo.

ci sono due versioni di ogni fatto che ci tocca. due diversi modi di interpretarlo.
ogni cosa può impoverirci o, al contrario, arricchirci.
io vorrei essere più ricca, tutta amore.

ce la voglio fare.

venerdì 5 novembre 2010

Come si diventa la madre che si diventa

ieri pensavo a come si diventa la madre che si diventa.

cioè.

pensavo che molte, moltissime delle cose che ho fatto in vita mia, le ho fatte, se ci rifletto adesso, a emulazione/riassunto/imitazione di qualcosa che avevo visto o sentito, oppure come reazione a qualcosa che avevo subito, o ancora per rincorrere un ideale che non mi rappresentava veramente.
che poi è quello che fanno gli adolescenti, e io riconosco di essere stata (il passato prossimo ci sta tutto) un'adolescente tardiva, cresciuta nella bambagia, con due genitori che hanno fatto di tutto per sottrarmi (ora mi rendo conto che, pur in buona fede, sbagliavano, e di quanti danni mi abbia provocato questa protezione) alle difficoltà e alle asperità della vita. neanche la morte di mia madre ha cambiato questo stato di cose, perchè mio padre ha preso me e mia sorella e ci ha strette ancora di più, pur con la sua esemplare discrezione, nel suo mondo dorato e sicuro.

poi sono successe non TANTE cose, ma quelle due o tre che hanno fatto la differenza: mi sono innamorata di una persona NUOVA, sono andata a convivere in un'altra città, ho avuto un figlio.
dal momento in cui ho saputo di essere incinta ho capito che avrei affrontato tutto senza il cordone protettivo di mamme, zie, cugine e amiche che in genere accompagna le donne in tutti i passi di questo cammino, che siano le analisi, gli acquisti per il bambino, le visite di controllo, gli schizzi degli ormoni.
c'era il Papà, certo, e non si è mai risparmiato, però come DONNA ero sola, senza paragoni da fare, consigli dell'ultim'ora, mani da stringere mentre mi bucavano il braccio per l'ennesima volta (e Dio lo sa quanto ho patito...) e quando andavo a ritirare i referti (idem).

per non parlare delle prime settimane col neonato, a casa. col dolore, la paura, le mastiti.

insomma, sono diventata la madre che sono da sola. ce l'avevo scritto pari pari nel dna, un nocciolo nascosto da sempre di quel femminino selvaggio di cui la mia adorata Pinkola Estes parla tanto, e che finalmente si svela per quello che è. istinto, istinto, istinto. e così è avvenuto tutto.
forse altre donne calcano le orme della propria madre, o della persona che le ha cresciute, forse altre donne fanno diversamente, ma io sono venuta su come un albero isolato in una radura, senza appoggi, senza modelli di riferimento, e piano piano ho messo su i miei rami e le mie foglie.
certo, a volte ho ritrovato in me gesti di mia madre, come la carezza sulla fronte dopo aver rimboccato la coperta, o il bacio sugli occhi...
la maternità ha svelato finalmente molti lati del mio carattere che erano sepolti sotto gli strati di atteggiamenti non miei e di riassunti di altre cose, di altre persone, e non ultimo sotto le frasi lapidarie con cui gli altri mi hanno "descritta" fin dall'infanzia (è tranquilla, è mite, è timida, è studiosa, è troppo testarda, non è dolce anzi è dura, non è affidabile, è fragile), cose di cui finora non ero riuscita a liberarmi.

così ho scoperto, osservandomi io stessa per la prima volta, di essere materna nel senso proprio del termine, protettiva come un animale, tenera, non troppo ansiosa, propensa alla libertà di mio figlio e a farmi da parte se serve, gelosa, accudente, emotiva al cubo, sicura, SICURA di me e del fatto mio, tanto da non chiedere mai consigli se non per il gusto di chiacchierare di neonati con una zia affettuosa o con un'amica mamma anche lei.

ora, che pure sono appena all'inizio, ancora, del cammino, posso dire che mi piace quello che sono diventata, o meglio, quello che si sta svelando di me stessa. mi piace ancora di più che per la prima volta sono IO, nuda e cruda, senza contaminazioni.
per questo, quando qualcuno più o meno velatamente avanza critiche o elargisce consigli non petiti, io sorrido e vado avanti. non mi offendo, non mi arrabatto sul perchè mi abbiano detto una certa cosa, le mie impalcature reggono e io non mi trovo di botto a dovermi interrogare su cosa sia meglio fare.

è, alla faccia di tutti i presupposti secondo cui una donna si realizza solo sul lavoro, la parte più bella di me, quella più sincera e forte, e sta contagiando anche le altre.

in assoluto, la cosa più entusiasmante che mi sia mai capitato di fare.

mercoledì 3 novembre 2010

Quel che si dice un post inutile

lo so.
il Pupone ed io siamo spariti, e non abbiamo fatto visita a nessuno dei nostri blog preferiti, in tutti questi giorni.
recupereremo, promesso!

giorni di pioggia, di "è arrivato l'autunno" (ma secondo me pure l'inverno), di papà a casa con strane bolle pruriginose (ecco perché quest'assenza....troppa poca privacy per rifugiarmi qui a raccontare quello che succedeva...!) che per fortuna ora sono andate via, di stanchezza e voglia di coprire la stanchezza con altre cose da fare, e le cose da fare che non bastano mai...

il nano sta mettendo un secondo dentino da manuale, con culetto bordeaux e diarrea a pioggia. è stanco e nervoso, ma sembra (Dio ti prego, perdonami per aver osato metterlo per iscritto!) che stiamo risalendo la china.
sto cercando disperatamente di lottare contro l'entropia che regna in questa casa per portarla ad uno stato accettabile per un neonato gattonatore, ma i risultati sono ancora deludenti, naturalmente.

avevo ricevuto un simpatico invito alla staffetta dell'amicizia da valentina e da cocchina ma è passato talmente tanto tempo...mi perdonate vero? per favore?? :) e poi sono talmente fiacca che non avrei scritto cose troppo interessanti, giuro.

ovviamente, il Pupone mo' piange. poco convinto, ma piange.
vado.

e non ho neanche preso ancora il caffè!