lunedì 11 aprile 2011

Di come ad un certo punto si diventa quel che si E'

Il caffè è sul fuoco e ho appena finito di curare una pianta. c'è un manuale aperto ad una pagina che stento a ricordare come leggere, e insomma sono qui, divisa tra la voglia di lanciarmi in mille cose e quella di stare come una lucertola a godermi il sole.
ma non è tempo di riposo, non lo è mai in fondo ma tanto meno lo è ora, che sta tornando l'energia e la consapevolezza di ME, delle mie aspirazioni, dei miei tempi, dei mie ruoli aggiuntivi a quello di mamma.
non si tratta solo di lavoro. il lavoro, è la prima preoccupazione ovviamente. l'ansia di costruirmi un futuro conciliando gli anni spesi a studiare duro con i miei nuovi desideri, bisogni, le mie nuove certezze. il cruccio di non perdere tempo, di muovermi in fretta.
e poi, però, la voglia di stare con pupone, di dividere tutto con lui. di godermelo finchè non inizierà ad andare al nido, a settembre, di godermi questa vita lenta, calda, densa di pensieri e di parole, una vita che ho sofferto, a momenti, perchè mi faceva, mi fa, sentire distante dal mondo frenetico, concreto, razionale e appagante del lavoro, ma che a pensarci bene è stata un dono meraviglioso, è stato un dono poterla vivere così, piena di pupone, dedicandomi a lui completamente. portarlo al parco tutti i giorni di sole e divertirmi con lui senza crogiolarmi in pensieri meschini, sono qui a scorrazzare al parco mentre la gente lavora, perchè alla fine ho trovato il canale perfetto per la mia energia, per questo momento, ora..
si tratta anche di me, e basta. di ricominciare a cucinare, per dirne una. e sperimentare di nuovo quella magia di sentire il profumo di qualcosa che è nato dalle mie mani.
si tratta di disegnare, di scrivere. di correre, camminare, riprendere a studiare il russo, che amavo tanto. tutte cose per cui il tempo e l'attenzione, la concentrazione, non bastano mai. perchè se è vera una cosa, tra tutte quelle che si dicono delle mamme, è che non fanno mai una cosa alla volta. passano l'aspirapolvere mentre si lavano i denti e intanto guardano il caffè sul fuoco. parlano al telefono mentre scrivono la lista della spesa. vestono il figlio mentre prenotano l'aereo per la prossima partenza. scrivono col figlio in braccio. pensano mentre cucinano. ma non tanto, non solo, perchè manchi il tempo. più spesso, manca l'attenzione, la giusta predisposizione.
e invece io vorrei recuparare quella dimensione, che ora mi sembra così fatata, in cui riuscivo a isolarmi completamente mentre facevo una cosa. creavo le mie ciotole col vetro e la carta del pane e poi le dipingevo chiusa sul terrazzo senza sentire niente. mi mettevo a studiare una pila di sentenze e non importava che la vicina tenesse la musica a palla. scrivevo una poesia immersa in un mondo impermeabile a quello reale.

ma non è questo che volevo dire, oggi.
volevo riuscire solo a descrivere questo stato in cui mi trovo. uno stato di passaggio, di certo. perchè non sono quella di pochi giorni fa ma nemmeno quella che sto per diventare. non sono quella del parco, non sono quella che allatta sempre, non sono la concorsista agguerrita, non sono la bambina disperata, non sono ancora arrivata. passo attraverso una serie di me stessa che mi sorridono, ma nessuna è quella giusta. ho in mente un'immagine abbastanza precisa di come sto per diventare, ma non voglio svelar(me)la sin da ora in tutti i dettagli. so che, ad un certo punto, sarà un particolare a dirmi che sarò arrivata: un desiderio espresso con convinzione, la sensazione di aver imbroccato la strada giusta, un odore familiare. e so anche che arriverà il momento in cui non avrò più paura del futuro, avrò solo binari saldi sotto di me e un orizzonte da esplorare.

mercoledì 6 aprile 2011

Forse faccio un po' ridere

Forse faccio ridere.

perché, a 13 mesi dalla nascita di mio figlio, ieri per la prima volta mi sono separata da lui per una mattina intera.
forse faccio ridere perché per tutto il tempo mi è mancato, e mi sono sentita anche vagamente in colpa.
ho fatto quel che dovevo fare, il viaggio in metro fino alla fiera di roma, la fila per il riconoscimento, le chiacchiere di rito coi colleghi concorsisti, il bagno delle donne con quella che si tirava litri di latte, la prova di preselezione, rimanendo calma e concentrata... ma, non appena finito, il pensiero è andato a lui, come la prima telefonata. per un attimo, è vero, ho parlato con convinzione di denunce di inizio attività. ma poi mi sono sciolta sentendo la vocina celestiale dire "mam-ma, mam-ma!" al telefono...
ho fatto il viaggio di ritorno scapicollandomi col cuore in gola, non mi pareva vero che fosse stato tutto quel tempo senza di me.

così è: che sia per le circostanze o per come sono fatta, io a 13 mesi dalla nascita di mio figlio fatico moltissimo a separarmi da lui, anche se so che mi fa bene, e che fa bene a lui.

ma mi chiedo se il titolo che ho voluto dare, di getto, a questo post, rispecchi quello in cui credo o quello che mi è stato in qualche modo inculcato. perché la donna vincente, tosta, moderna, non frigna perché non può stare col suo bambino, no. lei smania, accetta, regola, dispone. almeno, così mi hanno insegnato. a non essere debole. ma la mia è debolezza? onestamente, non ne sono sicura. mi piacerebbe pensare che sia, invece, lucidità. lucidità di saper seguire la mia pancia che reclama ancora il mio bambino, come se non fossimo veramente pronti, ancora, nè io nè lui.
ma davvero, non lo so.
certo, 13 mesi non sono 4 o 5. ma, se è vero che è sicuramente meno dipendente da me per diverse cose fondamentali (mangiare, dormire, giocare), è anche vero che è più consapevole della mia presenza/assenza, e forse può iniziare a domandarsi "ma perché non c'è?, ieri c'era, oggi dov'è?".

è anche vero che finora l'ho tenuto sempre io, notte e giorno, portandomelo dappertutto, parlandogli in continuazione, imparando a fare tutto con lui, dalla spesa allo shopping al parrucchiere, trasformandomi così pure io in una sorta di marsupiale che adesso, col marsupio vuoto, non ci sa stare.

sono però perfettamente consapevole che devo imparare a farlo. e infatti quello di ieri è stato, a prescindere dall'esito, il primo vero passo da sola, una prova tecnica di separazione, di "a solo" mio (e suo, stellina di mamma)...

credo di potercela fare. ma certo.
anche se, nel frattempo, seminerò un po' di ilarità qua e là