martedì 28 giugno 2011

Sedici mesi e un giorno

Mio piccolo uomo, siamo arrivati a questo traguardo importante.
ti guardo camminare sicuro di te, scalzo e col costumino bagnato dopo il tuffo in piscina, col cracker in una mano e il bicchierino dell'acqua nell'altra, e non capisco come siamo arrivati fin qui.
ti ho davvero cresciuto io, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione? sì, io e il tuo papà.
ti ascolto chiacchierare nel tuo affascinante idioma, cambiare intonazione come hai sentito fare a noi grandi, ti osservo mentre afferri il melone e lo annusi come hai visto fare a me al supermercato, ti metto a letto cotto dopo una mattinata di giochi selvaggi tutto sporco di pomodoro, e in un sospiro ti lasci andare soddisfatto sul cuscino.
studio il tuo viso e ci vedo me, tuo padre, di nuovo me e me e di nuovo tuo padre, e mi commuove la sintesi di due persone così diverse in un ometto così piccolo ma già "maturo" nelle sue espressioni, nelle sue intenzioni, da essere assolutamente unico e originale.

ti muovi spedito nel mondo, benedetto dall'amore e dalla serenità di una famiglia che ti ama, protetto dai nostri sguardi sempre meno apprensivi, scegli il libro da sfogliare, mangi da solo col cucchiaio, cadi e ti rialzi, piangi e ti consoli, e io non posso che guardarti, guardarti e guardarti e commuovermi a amarti forte, e sostenerti se serve e pregare che rimanga sempre tutto così, che tu sia sempre saldo sui tuoi piedini e bello e felice e pieno di sogni.

sogno, io, di darti pace e sicurezza e coraggio, e appigli saldi per ogni evento, ogni piccolo imprevisto della tua vita, e una famiglia che sia un porto gioioso, e abbracci che non soffochino i tuoi slanci, e parole che non sovrastino le tue, e desideri che non si sostituiscano mai, mai, ai tuoi.

sii felice piccolo mio, impara la benevolenza e l'autonomia e la difficile arte della sincerità, cammina deciso verso la tua bellissima vita, e tienici per mano, vicini a te, fin quando lo vorrai.

venerdì 24 giugno 2011

Un bacio, il bis e cose così

Ieri mio figlio mi ha baciata.
per la prima volta, e senza che nessuno gliel'avesse mai chiesto o insegnato. mi ha raggiunta sul divano dove vegetavo guardavo il telegiornale, mi ha buttato le braccia al collo e ha spalmato la sua bocca sulla mia guancia, con un considerevole strato di bava e uno schiocco.
vedendomi raggiante per la sua iniziativa, ha subito concesso il bis. questo bimbo sarà un grande amante, per le gioia delle future fidanzate ;D

io non so come ringraziare, chi ringraziare, per tutto questo.

domani abbiamo un matrimonio e non ho voglia di vestirmi da gala. ultimamente sono più hippie e selvatica del solito, sempre scalza e più comoda e sdrucita che mai, a mala pena mi pettino e sto bene così. mi trascino per la stanchezza, annaspo per il caldo, figurarsi la voglia di agghindarmi... ma va fatto. e poi sono amici. ma sì. un'occasione per evadere dai nodi ai capelli, dai sandali piatti. chissà che dolore ai piedi.

mi sento lontana anni luce dal mondo. lo sto osservando da un pianeta invisibile, e vedo anche il mio ologramma sorridere e salutare tutti. non è una sensazione spiacevole, è come se ne avessi bisogno. bisogno di distanza, di rassicurante distanza dalle cose "normali". me ne sono accorta quando una settimana fa, particolarmente immersa com'ero in ordinarietà varie, ho aperto un blog dei vostri e mi sono sentita più leggera.
forse mi estranierò troppo dalla gggente. ma non è detto, almeno per ora, che non sia salutare.

martedì 21 giugno 2011

"Realizzarsi nella vita": sicuri di sapere cosa significa?

Ad un ritrovo tra parenti e conoscenti, nel chiacchiericcio generale qualcuno butta il sasso nell'acqua: "tizio e tizia aspettano il secondo figlio".
voi direte "ma che bello!". io ho detto "ma che bello!".
di dieci persone presenti, sette hanno grugnito, scosso la testa, borbottato.
"ma che c'è?", fa quest'ingenua che scrive.

c'è, dicono sommandosi varie voci, che sembra fuori luogo, la cosa. che tizia è troppo giovane. che non sono sposati. che il primo figlio ha solo due anni e mezzo. che lei non lavora. che vivono con i genitori di lei.

"a maggior ragione", dico io, "pensa come lo volevano, questo figlio! pensa a quanto ci hanno riflettuto, pensa a quant'è bello che due così giovani pensino prima di tutto a procreare!"...."no?"

no.

"non si fanno le cose così", fa il guastafeste. "e come si fanno?", sibilo io, nervosetta".

"bisogna prima realizzarsi nella vita"

AH!

come ho fatto a non pensarci prima, no??
cosa significa "realizzarsi nella vita"? perché, visto che non sappiamo che cosa desideri la tizia in questione, che è solo una conoscenza molto poco conosciuta, si suppone che esistano delle categorie di sogni nel cassetto universalmente riconosciute. vediamo....forse ci arrivo...superare un difficilissimo concorso? prendere due o tre lauree? fare carriera in un'azienda agguerritissima? brevettare un marchingegno complicatissimo e farci soldi a palate?
ditemi voi.

oppure si può desiderare la felicità, la serenità? i figli, figli felici, un'esistenza in pace, un amore che duri, una personalità coltivata in armonia con se stessi, pochi piaceri selezionati, un lavoro anche semplice ma onesto? vedere il mondo, conoscere gente, aprirsi alle esperienze, ai cambiamenti? v i v e r e?

non lo so.

ho amiche in carriera che non sono felici, che si sognano in un nido accogliente ad allattare il proprio bambino. ho amiche con figli, che per quei figli hanno troppo sofferto. ho amiche che non amano il proprio lavoro, e altre che non hanno un compagno con cui fare i progetti che tengono, in disordine precario, nei loro cassetti.

è che non ho la pretesa di sapere cosa vuole la gente dalla propria vita. credo che tanti figli nascano per effetto delle convenzioni sociali, di una certa vanità, di insicurezza, se non anche di errori. poi vengono (quasi) sempre comunque amati e rispettati, ma quando i figli sono frutto di un progetto meditato e curato con amore, come non unirsi nell'inno alla vita di quella famiglia?

forse sto sviluppando una eccessiva sensibilità ad argomenti come questo. forse sono troppo stanca, in generale, per limitarmi a tollerare queste prese di posizione, soprattutto se appartengono a persone colte, giovani, che dalla vita hanno avuto tutto.
non è effetto della maternità, degli ormoni dell'allattamento che porto avanti. sarei rimasta male anche prima di pupone, a sentire discorsi così. certo, un po' l'argomento mi tocca, in un certo senso.
ma è così bello, non pretendere di pensare al posto degli altri. limitarsi ad accogliere, ad ascoltare.

invece mi sento sempre più spesso circondata da mura alte, che rimandano la mia voce, non la fanno passare.

lunedì 6 giugno 2011

Caro Papa, vuole venire a cena a casa nostra?

stanno cambiando molte cose. apparentemente tutto è identico a se stesso, ma io annuso il cambiamento, appoggio l'orecchio a terra e sento il galoppo della rivoluzione, che forse rivoluzione non sarà, ma qualcosa accadrà. in questo ingresso dell'estate molte cose stanno sbocciando, sentimenti addormentati, consapevolezze, la mia vita è piena di risvegli.
sto riprendendo possesso del mio corpo, di me stessa, e mi sono accorta che basta poco, basta pensare "ci sono anch'io, questo è un corpo, non è un robot che cucina/pulisce/accudisce/ama".
mi stiracchio in questa vita semplice e non, e mi sento abbastanza bene da accantonare, per un momento, le solite rogne.
la mia maternità, anch'essa è uguale e diversa. sono sempre la solita, ma, paradossalmente, proprio ora che sto metabolizzando definitivamente i primi 15 mesi di mio figlio e il fatto che Sono Una Madre (e lo sarò Per Sempre), proprio ora, dicevo, mi affranco dal mio ruolo. magari per brevi momenti, ma lo faccio. mi accorgo che basta pensare, per essere. e a me è sempre più chiaro, evidentemente lampante, cosa voglio essere.
allora è curioso che, esattamente nel momento in cui mi sento anche donna oltre che mamma, e ne gioisca, mi sembri così evidente il mio desiderio di avere un altro bambino. semplicemente, mi dico, ho lasciato fluire le energie, che finora stavano concentrate e chiuse col respiro trattenuto, e la magia (del sentire quel desiderio meraviglioso prendere spazio e forma nel cuore, del prepararsi a quel che verrà) si ripete.

chissà cosa succederà.

con le trattative per un lavoro ipotetico in corso, con i progetti di vita a mezz'aria, possibile che non sia il mio il torto, quando dico che progettare una nuova vita ha la priorità assoluta? possibile che questo bisogno che sento, che sentiamo il papà ed io, come un richiamo antico e invincibile, come una sorta di missione irrinunciabile, ma prima ancora, come qualcosa che ci costruirà come persone e come coppia, sia meno importante di altro? finora mi sono detta che ognuno è fatto a modo suo, e forse è la cosa più giusta.

la verità è, sicuramente, che per desiderare essere una famiglia occorre qualcosa. non so se è senso di responsabilità, amore per la vita, amore per il proprio compagno/a, probabilmente è anche tutto questo.
perciò, quando proprio in questo momento della mia vita sento dire che al di fuori del matrimonio non esistono vere famiglie, un po' me la prendo. cos'è un matrimonio, al confronto dell'impegno quotidiano per tenere insieme una famiglia? chiedo scusa alle persone praticanti e più "ortodosse" di me, ma io non voglio offendere, semplicemente non capisco.
lo inviterei, il santo Padre, a cena a casa nostra. a vedere come preparo la cena per mio figlio, dopo avergli fatto il bagnetto, come ceniamo tutti e tre insieme seduti a tavola, ridendo per le sue marachelle, e come il piccolo di casa si fa serio quando noi grandi parliamo tra noi. gli parlerei, per spiegargli cosa prova una donna quando desidera un figlio, quando fa i calcoli col suo compagno sul come/dove/quando avere un bambino, quando accoglie un'altra vita in sè, anche se non ha la fede al dito.
lo so che le cose che dico sono terra-terra rispetto ai ragionamenti di un uomo di Chiesa, ma proprio per questo non le sottovaluterei.

ché il mondo è fatto di piccoli e grandi progetti, e di gente che lotta tutti i giorni con la realtà.